Decreto Sicurezza, carcere a raffica: pene più dure per oltre 400 anni

Una stretta senza precedenti sul fronte della sicurezza. Il governo Meloni, attraverso una serie di provvedimenti che hanno preso avvio con il contrasto ai rave party e sono culminati con il recente Decreto Sicurezza, ha introdotto 14 nuovi reati e rafforzato 9 aggravanti, con l’effetto di aumentare sensibilmente i periodi di reclusione previsti dalla legge. Secondo le stime di penalisti e studiosi, il nuovo impianto normativo potrebbe produrre oltre 400 anni di carcere in più rispetto alla precedente disciplina.

Il primo giro di vite è arrivato nel dicembre 2022 con il reato di organizzazione di rave party non autorizzati, punito con pene fino a sei anni di reclusione. Poi il decreto Cutro ha previsto condanne fino a trent’anni per chi causa la morte o lesioni durante il traffico di migranti. Ora, con i 39 articoli della nuova legge, la repressione si estende a contestazioni di piazza, atti di protesta ambientale, e reati di opinione mascherati da tutela dell’ordine pubblico.

Tra le norme più discusse, quella che trasforma il blocco stradale da illecito amministrativo a reato penale, punibile fino a due anni se commesso da più persone. C’è poi l’aggravante cosiddetta “anti-ecovandali”, che prevede il carcere per chi danneggia beni pubblici per contestare simbolicamente le istituzioni, e una disposizione che colpisce con pene pesanti chi ostacola infrastrutture strategiche, dai gasdotti alle linee ferroviarie.

Non mancano misure contro la “guerriglia urbana”: fino a sei anni di carcere per chi detiene o diffonde istruzioni su armi, esplosivi e sabotaggi. E anche sul fronte della sicurezza digitale e dei noleggi di veicoli senza conducente scattano obblighi stringenti, con sanzioni per chi non segnala i dati dei clienti.

Una delle novità più controverse riguarda l’occupazione di immobili: chi occupa abusivamente una casa rischia fino a sette anni, con possibilità per la polizia di procedere allo sgombero immediato, anche senza mandato del giudice. Dura la stretta anche contro le rivolte carcerarie, con pene fino a vent’anni se durante le sommosse si verificano omicidi.

Il decreto non risparmia nemmeno chi si rende responsabile di borseggi nelle stazioni, di sfruttamento dei minori nell’accattonaggio, o di truffe agli anziani. Mentre sulla cannabis arriva la linea dura: vietata anche quella light, senza principio attivo, in tutte le forme di commercio e distribuzione.
Il governo difende il pacchetto come “necessario a rafforzare l’ordine pubblico”. Ma il mondo accademico e le opposizioni insorgono. Gian Luigi Gatta, docente di diritto penale alla Statale di Milano, mette in guardia: “Si trasmette l’illusione che nuove norme e pene più dure garantiscano più sicurezza. In realtà, senza investire sulle condizioni sociali si alimentano tensioni e si paralizza il sistema giudiziario”.

Il provvedimento solleva infine questioni etiche rilevanti, come la norma che consente il carcere anche per le donne incinte o madri di neonati, cancellando l’obbligo di rinviare l’esecuzione della pena.


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Depositi telematici, la Cassazione chiarisce: contestare solo le ragioni del rifiuto

Nuova precisazione della Cassazione sul processo civile telematico. Con l’ordinanza n. 15801, depositata oggi, la Suprema Corte ha ribadito che, in caso di rifiuto di un deposito telematico da parte della cancelleria, il professionista è tenuto a concentrare le proprie contestazioni esclusivamente sui motivi indicati nella quarta PEC, quella finale di verifica manuale, e non sull’intera procedura informatica di trasmissione.

Il caso riguardava una società che aveva proposto opposizione allo stato passivo di un fallimento, vedendosi però dichiarare inammissibile il ricorso dal Tribunale di Teramo per presunta tardività del deposito. Secondo il giudice di merito, la società non avrebbe fornito prova adeguata della correttezza della prima trasmissione telematica, allegando solo le ricevute PEC in formato pdf, senza i relativi allegati informatici.

Una lettura non condivisa dalla Corte di Cassazione. I giudici hanno ricordato che il deposito telematico di un atto si compone di quattro PEC: accettazione, consegna, esito dei controlli automatici e controllo manuale della cancelleria. È proprio la quarta PEC che determina il perfezionamento definitivo del deposito. Se quest’ultima contiene un rifiuto, spetta alla parte interessata reagire con prontezza, depositando nuovamente l’atto o chiedendo la rimessione in termini, contestando nel frattempo le ragioni del rigetto.

La Suprema Corte ha quindi fissato un principio chiaro: il depositante non è tenuto a dimostrare la regolarità complessiva della procedura telematica, se non per quanto attiene alle motivazioni del rifiuto ricevuto. L’onere della prova su eventuali ulteriori difformità resta invece a carico della controparte.

Nel caso specifico, rilevata la presenza delle quattro ricevute PEC, il tribunale avrebbe dovuto verificare soltanto se l’opponente si fosse attivato tempestivamente per sanare il deposito e se le motivazioni addotte dalla cancelleria fossero effettivamente fondate.
Per questo motivo la Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale di Teramo, disponendo un nuovo esame della vicenda davanti a un collegio in diversa composizione.


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Avvocati, il CNF conferma: sanzione unica per più illeciti nello stesso procedimento

Una sola sanzione per più violazioni, se commesse nell’ambito dello stesso procedimento disciplinare. È quanto ha ribadito il Consiglio Nazionale Forense con una recente decisione che chiarisce un principio essenziale in materia deontologica: nei confronti di un avvocato accusato di illeciti molteplici, il giudice disciplinare è chiamato a valutare l’intero comportamento contestato, adottando una sanzione unica, calibrata sulla gravità complessiva dei fatti.

La questione nasce da un procedimento in cui un professionista si era visto addebitare più infrazioni deontologiche, tutte riferite alla stessa vicenda processuale. Il legale aveva contestato l’unificazione della sanzione, sostenendo che per ogni condotta irregolare sarebbe stato necessario prevedere una misura distinta.

Il Consiglio Nazionale Forense ha però respinto questa tesi, sottolineando che la disciplina vigente — e in particolare l’articolo 21 del Codice Deontologico Forense — impone una valutazione globale dei comportamenti addebitati. Nella determinazione della sanzione vanno considerate non solo la gravità dei fatti e il grado di responsabilità, ma anche il dolo, la condotta precedente e successiva, l’eventuale danno prodotto, il pregiudizio per i clienti e le ricadute sull’immagine della professione forense.

Il criterio, dunque, non è quello di una sommatoria automatica delle singole infrazioni, ma di una ponderazione complessiva, volta a garantire proporzionalità ed equità nella risposta disciplinare.


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Riforma della giustizia, al Senato scatta il confronto sulle carriere separate

Domani il Senato inizierà l’esame della riforma della giustizia, e il clima si fa sempre più teso. Al centro del dibattito la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti e la creazione di due distinti Consigli superiori della magistratura, accompagnati da un’Alta Corte disciplinare. Una svolta che, secondo le opposizioni e gran parte della magistratura associata, rischia di minare l’equilibrio costituzionale e l’autonomia della funzione giudiziaria.

A cercare di rasserenare gli animi è intervenuto ieri il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, che ai microfoni di SkyTg24 ha escluso qualsiasi pericolo di assoggettamento delle toghe alla politica. «Il sorteggio potrebbe astrattamente svilire l’autorevolezza del Csm — ha ammesso — ma non c’è alcun rischio di subordinare la magistratura al potere esecutivo. Anzi, la separazione delle carriere è l’ultimo miglio del giusto processo previsto dalla Costituzione».

Pinelli ha poi invitato l’Associazione Nazionale Magistrati ad avanzare proposte concrete, capaci di rassicurare il Paese rispetto al rischio di degenerazioni correntizie, che hanno segnato la storia recente della magistratura italiana.

Intanto, a Palazzo Madama le opposizioni si preparano a dare battaglia. Il provvedimento sarà discusso in Assemblea senza mandato al relatore, e già domani potrebbero essere sollevate pregiudiziali di costituzionalità. La vicepresidente del Senato, Anna Rossomando, ha parlato di «riforma funzionale a un potere esecutivo predominante sugli altri», ribadendo che «autonomia e indipendenza della magistratura sono principi inderogabili, scolpiti nella Carta».

Il Guardasigilli Carlo Nordio, dal canto suo, ha ricordato che la riforma è nel programma elettorale della maggioranza e che il referendum confermativo sarà uno strumento di garanzia per i cittadini, chiamati a esprimersi sulla separazione delle carriere.

Non mancano i distinguo all’interno della magistratura stessa. Tutte le correnti, compresa Magistratura Indipendente, hanno espresso contrarietà. Claudio Galoppi, uno dei leader dell’associazione, ha definito la riforma «un’involuzione del sistema giudiziario».

Eppure, Pinelli insiste: «È legittimo che una maggioranza politica porti avanti la propria visione di politica giudiziaria, purché il potere di rappresentanza resti saldo nelle mani di chi è eletto». Un invito al dialogo che, finora, è rimasto inascoltato


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La Commissione europea cerca candidati per il gruppo di esperti scientifici sull’IA

La Commissione europea sta istituendo un gruppo scientifico di esperti indipendenti per sostenere l’attuazione e l’applicazione del regolamento sull’intelligenza artificiale (IA).

Il gruppo si concentrerà sui modelli e sui sistemi di IA per finalità generali, fornendo consulenza all’Ufficio europeo per l’IA e alle autorità nazionali in merito ai rischi sistemici, alla classificazione dei modelli, alle metodologie di valutazione e alla vigilanza transfrontaliera del mercato. Avvertirà inoltre l’Ufficio per l’IA dei rischi emergenti.

La Commissione cerca 60 membri per un mandato rinnovabile di 24 mesi.

Per candidarsi occorre avere esperienza in modelli e sistemi di IA per finalità generali, effetti dell’IA, o settori correlati, come la valutazione dei modelli, la valutazione del rischio e le misure di attenuazione, la cibersicurezza, i rischi sistemici emergenti e le misure e soglie di calcolo. Gli esperti devono avere un dottorato di ricerca o esperienza equivalente e rimanere indipendenti da qualsiasi fornitore di IA.

Il processo di selezione garantirà l’equilibrio di genere e la rappresentanza degli Stati membri dell’UE e nei paesi SEE/EFTA. Sebbene la cittadinanza dell’UE non sia un requisito, l’80% degli esperti deve provenire dagli Stati membri dell’UE o dell’EFTA.

È possibile candidarsi fino al 14 settembre. Maggiori informazioni sono disponibili qui.


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Dalla relazione emerge che, sebbene ci siano progressi, la diffusione dell’infrastruttura di connettività, come le reti in fibra ottica e 5G “stand-alone”, è ancora in ritardo. Sempre più aziende utilizzano l’intelligenza artificiale (AI), il cloud e i big data, ma l’adozione deve accelerare. Poco più della metà degli europei (55,6%) ha competenze digitali di livello base, mentre la disponibilità di specialisti delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione con competenze avanzate rimane bassa e con un forte divario di genere, ostacolando i progressi in settori chiave, come la cibersicurezza e l’IA. Nel 2024 l’UE ha compiuto progressi costanti nella digitalizzazione dei servizi pubblici fondamentali, ma una parte considerevole dell’infrastruttura digitale governativa continua a dipendere da fornitori di servizi esterni all’UE.

I dati mostrano sfide persistenti, come mercati frammentati, normative eccessivamente complesse, sicurezza e dipendenza strategica. Ulteriori investimenti pubblici e privati e un più facile accesso al capitale di rischio per le imprese dell’UE accelererebbero l’innovazione e l’espansione.

Gli Stati membri riesamineranno le raccomandazioni della Commissione e discuteranno con questa la via da seguire. Nel 2026 la Commissione riesaminerà gli obiettivi del programma strategico per il decennio digitale per valutare se riflettano ancora l’evoluzione del panorama digitale e soddisfino le esigenze relative alle priorità e alle ambizioni dell’UE.


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Decreto fiscale di giugno: proroghe, semplificazioni e nuove regole per imprese e professionisti

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il 12 giugno un nuovo decreto legge fiscale che aggiorna e alleggerisce il calendario delle scadenze tributarie, intervenendo anche su una serie di nodi tecnici rimasti in sospeso nei mesi scorsi. Tra le misure più attese, la proroga dei versamenti fiscali al 21 luglio 2025 senza maggiorazioni e alcune modifiche di rilievo per professionisti e imprese, tra cui la tracciabilità obbligatoria delle spese di rappresentanza e il superamento dello split payment per le società quotate.

Una manovra di medio respiro, che raccoglie le richieste di categorie e professionisti, promettendo semplificazioni e nuove opportunità in ambito fiscale.


Versamenti rinviati al 21 luglio senza maggiorazione

Con il decreto è ufficiale il rinvio delle scadenze fiscali al 21 luglio 2025, senza l’applicazione dello 0,40% di maggiorazione. Un provvedimento che interessa oltre 4,6 milioni di partite Iva, includendo titolari di attività economiche soggette agli Indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), professionisti in regime forfetario e contribuenti che hanno aderito al Concordato preventivo biennale (CPB).

Dal 22 luglio al 20 agosto, i versamenti saranno ancora possibili, ma con la maggiorazione prevista. Un margine temporale che consente di alleggerire la consueta pressione di fine giugno e permette ai contribuenti di gestire il saldo 2024 e il primo acconto 2025 anche nel cuore dell’estate.

Grande soddisfazione è stata espressa dal Consiglio nazionale dei commercialisti, che aveva avanzato la proposta e ha ottenuto il supporto del Ministero dell’Economia.


IMU, documentazione fiscale e dichiarazioni prorogate

Il decreto allunga inoltre i tempi per altri adempimenti:

  • I Comuni potranno approvare le delibere IMU per il 2025 fino al 15 settembre.
  • Le imprese internazionali beneficiano di una proroga al 31 ottobre 2025 per presentare la documentazione sui disallineamenti fiscali da ibridi.
  • Le dichiarazioni dei redditi e IRAP con scadenza 31 ottobre 2024 saranno considerate tempestive se presentate entro l’8 novembre 2024, evitando sanzioni, sebbene senza possibilità di rimborso per chi abbia già pagato.

Un insieme di proroghe che mira a ridisegnare il calendario fiscale con più razionalità e certezze operative.


Spese di rappresentanza: obbligo di tracciabilità anche per i professionisti

Arriva una stretta sulle modalità di deduzione delle spese di rappresentanza per i lavoratori autonomi: da ora in poi saranno deducibili solo se sostenute con strumenti tracciabili come bonifici, carte di credito, bancomat o sistemi digitali. Finora, i professionisti avevano la possibilità di utilizzare anche contanti.

Restano escluse da questa novità le spese di pubblicità e sponsorizzazioni, che mantengono un trattamento differenziato. Si tratta di un passo importante verso l’omogeneizzazione delle regole fiscali tra imprese e professionisti, oltre che di un ulteriore argine all’utilizzo del contante.


Nuove regole fiscali per le plusvalenze e i proventi finanziari dei professionisti

Cambia anche la qualificazione reddituale di alcune entrate dei professionisti:

  • Le plusvalenze da cessione di partecipazioni in associazioni e società professionali non rientreranno più nel reddito di lavoro autonomo, ma saranno tassate come redditi diversi.
  • Gli interessi e altri proventi di natura finanziaria non saranno più assimilati al reddito professionale, ma considerati redditi di capitale.

Due modifiche di rilievo che puntano a rendere più lineare e coerente il sistema di tassazione per il lavoro autonomo.


Semplificazioni per le imprese: deduzione del lavoro e regime CFC

Sul fronte delle imprese, il decreto introduce:

  • Una semplificazione nel riporto delle perdite fiscali, per favorire la continuità aziendale anche in contesti difficili.
  • L’ampliamento della maxideduzione sul costo del lavoro per chi assume, eliminando il limite relativo alle società collegate.
  • Interventi di adeguamento al Pillar 2 OCSE per garantire un’imposta minima nazionale e maggiore coerenza nel regime delle società estere controllate (CFC).

Misure pensate per alleggerire gli oneri amministrativi e rendere più attrattivo il sistema fiscale italiano.


IVA: addio allo split payment per le società quotate e reverse charge esteso

Dal 1° luglio 2025, le società quotate nell’indice FTSE MIB usciranno definitivamente dal regime di split payment, in coerenza con il quadro normativo europeo.

Parallelamente, si amplia il ricorso al reverse charge per i servizi di trasporto e logistica, anche se la misura resta subordinata all’autorizzazione UE. Nelle more, sarà possibile applicare lo split payment su base volontaria nei rapporti di appalto e subappalto.


Terzo settore e altre misure

Infine, il decreto conferma:

  • L’entrata in vigore dal 1° gennaio 2026 del nuovo regime fiscale per enti del terzo settore e imprese sociali, superando il vincolo dell’autorizzazione UE.
  • La proroga al 31 ottobre 2025 della documentazione sui disallineamenti da ibridi.
  • Chiarimenti sul regime delle CFC e sull’imposta minima equivalente.

Restano escluse dal pacchetto alcune misure onerose, come il rinvio della sugar tax e la rimodulazione IVA nel mercato dell’arte, che saranno oggetto di un successivo provvedimento.


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Commercialisti, la svolta digitale è ora: tra AI, incentivi e nuove sfide professionali

Professione commercialista, tempo di cambiamenti. Se fino a pochi anni fa il lavoro in studio si fondava su pratiche consolidate e gestioni amministrative tradizionali, oggi la digitalizzazione è diventata un requisito essenziale. A spingere questa transizione sono sia le riforme normative, a partire dalla Legge di Bilancio 2025, sia le opportunità offerte dalle tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale.

Le nuove misure fiscali introducono modifiche sostanziali: dalla riduzione dell’IRES per le imprese che reinvestono gli utili, al taglio strutturale del cuneo fiscale, passando per la semplificazione delle aliquote IRPEF. A questi interventi si affianca il rafforzamento degli incentivi per la digitalizzazione delle aziende con il piano Transizione 5.0 e l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica ai professionisti in regime forfettario. Una trasformazione che impone agli studi di aggiornare processi e strumenti, rendendo indispensabile l’adozione di software gestionali avanzati e soluzioni cloud.

In questo scenario, l’AI si candida a diventare il vero alleato dei commercialisti. Dall’analisi dei flussi finanziari alla previsione di rischi fiscali, fino alla personalizzazione di strategie per i clienti, l’intelligenza artificiale consente di automatizzare compiti ripetitivi e potenziare la consulenza strategica. Il mercato italiano dell’AI, che nel 2024 ha toccato quota 1,2 miliardi di euro, offre soluzioni sempre più accessibili anche per i piccoli studi professionali. Tuttavia, restano margini di crescita: solo una parte degli studi ha investito in modo strutturale nell’innovazione tecnologica, mentre una quota significativa rimane ancora cauta di fronte al cambiamento.

Parallelamente cresce l’attenzione alla protezione professionale. Con l’aumento dell’uso di strumenti digitali e l’evoluzione normativa, il rischio di errori o contestazioni fiscali cresce. Le nuove polizze assicurative per i commercialisti si stanno adeguando, offrendo coperture personalizzate e premi calcolati sulla base del profilo di rischio reale dello studio.

Non è più tempo di rimandare. L’incrocio tra innovazione digitale, nuove normative e mutati bisogni dei clienti sta ridisegnando il ruolo del commercialista: da mero gestore della burocrazia fiscale a consulente strategico capace di orientare le decisioni finanziarie e supportare la crescita delle imprese in un contesto economico sempre più digitale e competitivo.


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SXO e Intelligenza Artificiale: la nuova frontiera oltre la SEO

SXO: perché la SEO tradizionale non basta più

Nel panorama digitale attuale, il semplice posizionamento nei motori di ricerca non è più sufficiente. A imporsi è una nuova disciplina: la Search Experience Optimization (SXO). Più di una semplice evoluzione della SEO, la SXO integra esperienza utente, contenuti, branding e intelligenza artificiale, puntando a rendere ogni interazione rilevante, coerente e capace di rafforzare l’identità del brand.

In un contesto dove l’utente trova spesso risposte già confezionate da AI Overview o snippet interattivi, costruire esperienze di valore lungo tutto il customer journey diventa una necessità strategica. Non è più questione di esserci, ma di esserci nel modo giusto e nel momento giusto.

SXO diffusa: quando l’esperienza esce dal sito

Il concetto di SXO diffusa parte da una consapevolezza chiara: il sito web non è più l’unico touchpoint digitale rilevante. YouTube, TikTok, Reddit, newsletter e marketplace diventano luoghi decisivi nel percorso d’acquisto e di informazione dell’utente.

Prendiamo ad esempio chi cerca un nuovo paio di scarpe da palestra. Prima scorre TikTok per consigli e recensioni, poi approfondisce su Google, dove tra i risultati spunta un box AI che aggrega opinioni e guide. È in questo scenario che si gioca la partita: essere presenti nei contenuti giusti, sui canali giusti, in modo coerente e riconoscibile.

L’AI rivoluziona il marketing esperienziale

L’intelligenza artificiale è ormai una colonna portante del marketing digitale. Nella SXO, non sostituisce il lavoro umano ma lo potenzia: aiuta a scoprire nuovi intenti di ricerca, simulare comportamenti utenti, personalizzare messaggi e ottimizzare i contenuti sulla base di trend e dati predittivi.

Con AI generativa e modelli predittivi è possibile, ad esempio, testare virtualmente contenuti e interfacce con focus group digitali, velocizzare il clustering semantico o intercettare bisogni latenti con rapidità mai vista prima.

Il ritorno del brand e di una link building intelligente

Se le AI sintetizzano le informazioni e indicano le fonti, la reputazione del brand diventa ancora più centrale. Essere citati tra le fonti autorevoli di un box AI non vale solo un clic, ma consolida un’immagine di competenza e affidabilità.

In questo contesto anche la link building torna protagonista, non come mera pratica tecnica ma come rete reputazionale costruita attraverso contenuti di valore su portali verticali, collaborazioni con creator e campagne di digital PR strategiche.

Da SEO a SXO: il cambio di paradigma

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Privacy, sanzione da 5 milioni a Replika: troppe falle nei controlli sull’età dei minori

L’intelligenza artificiale porta con sé opportunità, ma anche rischi che le autorità di controllo europee continuano a monitorare con attenzione. È quanto emerge dal recente provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali, che ha inflitto una sanzione di 5 milioni di euro alla società statunitense Luka Inc., titolare del popolare chatbot Replika, per gravi violazioni del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR).

L’istruttoria dell’Autorità ha rilevato criticità su più fronti, a partire da un sistema di verifica dell’età inefficace e facilmente eludibile, fino a informative sulla privacy incomplete, fuorvianti e disponibili esclusivamente in lingua inglese, nonostante il servizio fosse erogato anche in Italia.

Le violazioni accertate: privacy policy carente e controlli aggirabili

Dagli accertamenti è emerso che, alla data del 2 febbraio 2023, la privacy policy di Replika non rispettava i principi di trasparenza e correttezza imposti dal GDPR: mancava l’indicazione puntuale delle basi giuridiche per ogni trattamento, delle tipologie di dati trattati, delle finalità specifiche e del periodo di conservazione dei dati personali. La policy inoltre non chiariva in modo adeguato le modalità di trasferimento dei dati fuori dallo Spazio Economico Europeo, generando confusione tra gli utenti.

Quanto al sistema di verifica dell’età, il Garante ha rilevato falle tecniche significative. Era infatti possibile modificare liberamente la propria data di nascita nel profilo senza che ciò determinasse un nuovo controllo. Inoltre, il cosiddetto cooling off period di 24 ore per bloccare temporaneamente i tentativi di accesso dei minori non funzionava nella navigazione in incognito. Nessun meccanismo, poi, obbligava gli utenti a riconfermare la maggiore età in caso di dichiarazioni che facessero sospettare il contrario durante l’interazione.

Aggiornamenti parziali e criticità persistenti

A seguito delle contestazioni, Luka Inc. ha aggiornato la privacy policy il 23 febbraio 2024, correggendo alcune delle incongruenze rilevate. Tuttavia, il documento continua a essere disponibile solo in inglese e a non fornire informazioni chiare sulla durata di conservazione dei dati. Restano inoltre irrisolte le problematiche relative alla verifica dell’età, con il sistema che consente ancora di modificare i dati anagrafici senza controlli efficaci.

Le prescrizioni del Garante e le lezioni per il mercato digitale

Alla luce di queste gravi carenze, l’Autorità ha imposto alla società di conformare il proprio servizio alle norme del GDPR, intervenendo sia sulla privacy policy sia sul sistema di verifica dell’età per renderlo realmente efficace nella tutela dei minori.

Questo caso rappresenta un precedente importante per tutte le aziende che operano nel settore dell’intelligenza artificiale e dei servizi digitali rivolti al pubblico. La protezione dei dati personali e il rispetto dei diritti degli utenti, soprattutto dei soggetti vulnerabili come i minori, devono essere considerati aspetti centrali nella progettazione dei servizi, pena pesanti sanzioni e un grave danno reputazionale.


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